La globalizzazione è una dimensione sempre più reale e concreta che sta imponendo a tutte le organizzazioni la necessità di mobilitare una rinnovata intelligenza creativa ed operativa al fine di far evolvere radicalmente il proprio modo di fare impresa in funzione di un ambiente competitivo di riferimento sempre più ampio, imprevedibile e complesso.
Prima della crisi economica mondiale quella della piccola impresa sembrava la formula vincente, anche e soprattutto rispetto alla grande impresa, spesso percepita come poco efficiente e lenta a recepire i cambiamenti del mercato. Nel giro di pochi anni, tuttavia, questa visione è profondamente mutata, facendo emergere insufficienti risorse finanziarie per investimenti di ampio respiro, carenza di professionalità specifiche in alcune funzioni strategiche, difficoltà di pianificazione a medio – lungo termine.
Oggi più che mai diventa fondamentale per le aziende muoversi verso sistemi collaborativi dove esperienze, competenze, processi ed obiettivi sono integrati, con un approccio che si propone di sostituire alle logiche individualistiche criteri innovativi costruiti sui network a garanzia di un umanesimo imprenditoriale che arricchisce non tanto il singolo quanto la meritocrazia e la rete nel suo complesso. Con queste condizioni di contorno è emersa da più parti la necessità di sostenere le piccole e medie imprese proponendo nuove forme organizzative che consentano, pur nel rispetto dell’autonomia decisionale di ciascun imprenditore, di raggiungere rapidamente un adeguato livello di strutturazione e dimensionamento.
Il diritto societario e commerciale hanno nel tempo maturato e previsto numerosi strumenti formali, contrattuali e patrimoniali (subfornitura, franchising, Distretti, Consorzi, Ati, Geie, Joint – Venture, Holding, …) finalizzati alla collaborazione ed alla aggregazione ma è con il “Contratto di Rete”, istituito e introdotto dal Legislatore con la legge numero 33 del 2009, che è stata data una spinta decisiva alla promozione della crescita competitiva tramite forme di interazione, essenzialmente in termini di qualità ed innovazione. La Rete così come definita rappresenta per le imprese italiane una occasione unica per esaltare e valorizzare le proprie eccellenze in modo sinergico nonché reagire a questa fase di profondo cambiamento cogliendo dalle difficoltà opportunità distintive ed innovazioni radicali. Le tipologie più comuni di Rete vengono definite “del sapere” con l’obiettivo di scambiare informazioni e know-how, “del fare” finalizzate allo scambio di prestazioni, “del fare insieme” attente ai progetti di investimento comuni.
A seconda dell’approccio alla filiera o al mercato possono essere verticali, orizzontali o miste.
I soggetti che intendono aderire ad una Rete possono accrescere la propria massa critica a livello dimensionale e contrattuale, dare vita a collaborazioni operative e commerciali, accedere a soluzioni e agevolazioni amministrative, fiscali e finanziarie.
Queste ultime, di grande attualità data la seria difficoltà ad accedere al credito e di disporre di nuove risorse, basano il proprio interesse e prospettiva sul recupero del dialogo tra il “fare impresa” e la “finanza” di supporto, troppo spesso caratterizzato da una marcata asimmetria culturale, formativa ed informativa.
Nel mercato vi sono notevoli risorse finanziarie disponibili che vanno però orientate su iniziative, interessi ed obiettivi coerenti, compresi, condivisi, comuni e di prossimità.
Al fine di garantire delle condizioni confortevoli e fiduciarie nel breve, medio e lungo periodo con tutti i vari interlocutori, di diversa natura ed estrazione, è importante poter contare su un consolidato ed affiatato “Management Team di Rete”, caratterizzato da esperienze, competenze, relazioni distintive e complementari, in ambito operativo, commerciale, legale e finanziario.
Questo consente di essere non solo garanti della impostazione, della governance e dello sviluppo dei vari progetti nelle loro diverse fasi ma anche della sostenibilità e della redditività degli investimenti sottostanti. Gli investitori privati, gli istituti finanziari, i fondi (venture capital e private equity) ragionano sempre più spesso sulla validità delle Reti di Impresa quale nuova modalità per affrontare i mercati attuali, riconoscendogli una caratterizzazione come start-up con una adeguata ponderazione tra gli aspetti new (il progetto) e quelli old (i partecipanti).
A questo proposito si riscontra un loro coinvolgimento crescente fino al punto da elaborare indicatori (es. Rating di Rete) e strumenti (es. Bond di Rete) ad hoc nonché parteciparvi direttamente in modo da presidiare e auspicabilmente superare le criticità correlate all’area credito e finanza. Il contesto politico, istituzionale, finanziario, socio-economico è consapevole, attento e partecipe di questa nuova realtà al punto di dimostrare in più occasioni non solo di comprenderla ma di stimolarla.
Per le sue caratteristiche la Rete di Imprese è, almeno nella fase iniziale, sicuramente una forma organizzativa più debole e frammentata rispetto ad altre che si possono ottenere tramite operazioni più strutturate come per esempio le fusioni e le acquisizioni.
È per questo che è fondamentale dimostrare preventivamente agli interlocutori unitarietà di intenti e di azione tramite la predisposizione e la presentazione di programmi, progetti industriali, regole di governance ben definiti.
Il raggiungimento poi strada facendo di obiettivi di breve e medio periodo nonché magari la progressiva evoluzione della forma e del livello di consolidamento della collaborazione saranno ulteriori conferme della bontà della scelta del modello di business, non a rischio di perdita di imprenditorialità come spesso accade ma addirittura in grado di fare leva sulla stessa, per numero e diversificazione dei componenti. Il crescere dei casi concreti di successo aiuterà sicuramente a far rientrare queste considerazioni in una cultura acquisita di impresa. E’ arrivato il momento di accelerare, con metodo e determinazione.
Il Giornale della Logistica – Marco Zanolli